Partecipare alla sfilata di Abed Mahfouz è sempre un momento a parte. Non solo per la sontuosità degli abiti che la respiri ovunque, in ogni drappeggio esposto ad Altaroma. Piuttosto per quello sfondo intimista che precede di un passo il suo lavoro. Quell’attenzione all’esterno che non si ferma ai ricami floreali, ma si espande nella Haute Couture rendendola drammaticamente fruibile. 

Cosicché quell’esclamare piacevole di fronte al bellissimo abito sirena  collezione P/E con cascate di tulle “illusion” e tulle di seta non sarà a vuoto. Non abiterà dunque il tuo armadio, ma ti rimarrà il gusto di averlo condiviso. Come un pezzo della sua vita. Come il vestito da sposa rosso sangue, da lui disegnato nel 2006: “ una sfilata alla pace nel mio paese, il Libano,  in ricordo del sangue versato in oltre 30 anni da una guerra civile, una tragedia che sembra non conoscere fine “(1). Quell’abito fu indossato dalla bellissima cantante libanese Haifa Wehbe, minacciata dall’ortodossia islamica ma idolo indiscusso delle ragazzine libanesi per la sua forte indipendenza. 

Senza alcuna reticenza, perciò , mi sono lasciata andare ai 35 modelli con ricami floreali eseguiti a mano e inserti di paillettes, ai colori pastello che generavano fiabeschi raggi di luce, al preziosissimo abito da sposa bianco ghiaccio in tulle ricamato, ai movimenti di pietre con effetti argentati, tessuti come il crin, il merletto chantilly, il Gazar una nuova stoffa di mussola con alluminium. 

Mi sono persino esaltata a questa rievocazione del lusso e del romantico periodo anni ’50, del vitino da vespa risaltato da trasparenze create ad hoc con mussola e tagli ad altezza anche. 

Tanto lo so, in cuor mio, che oltre alla moda e al lusso c’era di più.  





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