Quasi a tirare i fili di una storia, Daniela Gregis la moda la vede così. L’abito e l’identità, affine. Le modelle, persone, entrano in scena con il proprio significato estraendo ciascuna da un pannello bianco il proprio filo rosso. Allungandolo verso di sé come a far proprio un destino.

Dentro l’antico Oratorio della Passione, attiguo alla Basilica di Sant’Ambrogio, non ho visto solo una sfilata, ma un gioco teatrale, una performance rigorosa, non esagitata, coerente col contesto e con il sottofondo musicale di uno xilofono: dove abiti e personaggi esprimevano il loro intimo connubio. Colori precisi e lane naturali, mai trattate, dipinte a mano in un gioco di morbidezze, di abiti fluenti per una collezione autunno-inverno 2012 incentrata su una scala di rossi sommessi curiosamente abbinati ad un celeste angelico o a un giallo senape.

Poche le stampe ma giocose e fiabesche, come le borse che ricordano un cestino. E le scarpe basse, il vero equilibrio. Laddove la mente, se vaga, trova respiro. 
E l’unico street style ammesso è quello dell’ “Uomo che non c’era”, tanto per citare i fratelli Coen. 
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