“Quale poeta mai oserebbe disgiungere la donna dal suo abito?”, scriveva Baudelaire nel 1863 su “Le Figaro”. Non Missoni, la cui codificazione poetica è visibile nei tessuti e nello stile. 
Ieri, alla Statale di Milano, Angela Missoni ha proposto la sua donna. Finalmente vicina alla realtà, o almeno a contatto con essa. Insomma, metropolitana. Con desideri panici e accorpamenti alla natura. I riferimenti sono ai muschi, alle foglie e alle cortecce degli alberi, alle pietre. Al grigio delle città, cementificate. 
Un gioco di palette cromatica, che mescola i dominanti grigi urbani di cemento e asfalto alle sfumature dall’avorio all’ocra, dall’arancio vulcanico al ruggine, dal verde muschio al marrone minerale del bosco autunnale. 
Pellicce appoggiate, sovrapposte, intarsiate nei tessuti e lunghi guanti in pelle, corsetti in latex e borse squadrate con manico a catena, che riproducono le venature del legno, come  trompe-l’oeil d’arte alla Dalì o alla Max Ernst. 
Una guerriera  romantica, dunque, le cui battaglie si giocano in città. Con i tratti mitologici della donna albero. 

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