Ecco dunque, come mi avete chiesto, tutti i racconti dei sedici finalisti ammessi a WriteWear,  il concorso di scrittura e moda la cui terza edizione si è svolta in collaborazione con il brand Giorgia & Johns

Come vedete sono molto belli e la scelta è stata davvero difficile. 

Grazie a voi, tantissimo, per avere raccontato emozioni così piene che ho letto con riguardo. Come una cosa preziosa. Che mi accompagnerà. 

A voi quale è piaciuto di più? Indicate il vostro preferito :)




1
Manuela Barban
Scende di corsa le scale mobili e piazza veloce l‟abbonamento davanti al tornello. Affrettandosi riesce a salire sulla carrozza un attimo prima che si chiudano le porte. C‟è posto in piedi contro il finestrino. Appoggia la schiena al vetro freddo, sistema la borsa per terra e la incastra bene tra gli stivali. Con un sospiro chiude gli occhi.
Ping. Prossima fermata: Dante
– Gisa sono così preoccupata per mia nipote la grande – dice una voce querula.
– e cosa l‟è successo? – risponde un vocione roco
– Ma c‟ha un moroso che va a vivere con lei. Brau l‟è brau ma ha le braccine un po‟ corte, vuria nen che quello le si piazza in casa e si fa mantenere.
Ping. Nizza.
Le porte si aprono. Annusa una scia di profumo vagamente noto che entra assieme all‟aria fresca. Gli occhi restano chiusi.
Ping. Prossima fermata: Dante
– tunz tunz tunz tunz tunz tunz parataratunz tunz tunz tunz tunz
– Dì ma te ci vai al concerto?
– Cheee???
– E togliti „ste cuffie. Dico, al concerto? Ci vai?
– Quello stronzo di mio padre non mi lascia ma in qualche modo l‟aggiusto. Al massimo posso dire che dormo da te, figurati se …
Ping. Dante.
Si è lasciata cullare dal dondolio del vagone tanto che sembra addormentata, nonostante uno zainetto che di tanto in tanto le sbatte addosso.
Ping. Prossima fermata: Carducci.
Apre gli occhi. Tira su la borsa dal pavimento, chiede permesso alle due donne anziane di fronte a lei e si fa spazio tra gli zaini dei ragazzi. Raggiunge la porta mentre la metro si sta fermando.
Carducci
Guarda l‟orologio, ancora una manciata di minuti e dovrà entrare in pneumologia armata solo del camice. Potrà provare a rosicchiare ancora un po‟ di tempo visitando con cura e auscultando. Poi dovrà trovare le parole per dire al letto cinque che la sua non è una banale polmonite. No, non lo è. Affatto.
2
Milena Preti
Paola mi guardava arruffandosi i capelli, con le sue gambe lunghe, la capigliatura bionda e il sorriso impertinente.
Alcune rughe impreziosivano lo sguardo.
Di mattina vestiva solo Gucci.
“Che ne pensi?” mi chiedeva con le mani sui fianchi “Sembro una donna forte e intelligente, una manager super organizzata?”.
Nessuna risposta.
“Beh’, che puoi saperne tu di moda?” diceva stizzita.
Di sera rientrava con passo lento e appena stentato.
Una lunga doccia. Un trucco sapiente per coprire le occhiaie. Un abito fasciato Armani.
“Questa sera uscirò con Luigi” si vantava “Mi porta da Chef Maurice, haute cuisine francaise”.
Nessuna risposta.
“Non è un avaraccio, lui” mi scherniva.
Il rumore della porta che lentamente si chiudeva ed il suo riaprirsi la mattina dopo.
“Che serata e che notte…se il letto di Luigi potesse parlare…se i muri potessero raccontare…se…” diceva beffarda.
Si spogliava davanti a me. Agitava il corpo per togliere tutti gli indumenti. E mi guardava in silenzio.
“Nessuno mi ama” mi disse un giorno commiserandosi.
Fu allora che decisi. Mi staccai dalla parete e posi fine alla mia esistenza con frastuono di vetro e cocci.
Anche uno specchio ha diritto a un po’ di pace.
3
Lorella Bini
Leggo e rileggo. Me lo dicevi sempre. Ogni volta che ti piaceva quel che ti avevo scritto, che fosse una mail o un sms. Era il tuo modo per dirmi che le mie parole ti erano rimaste come eco in testa a tenerti compagnia. Parole come coriandoli,  lanciati nell’etere. Ci siamo lasciati bagnare da quella pioggia   di mille colori. Uno  sgorgare di emozioni  che non poteva essere fermato . L’unico modo per abbassare la febbre del nostro sentire era, appunto, scriverci.
Calpestavamo  terre lontane io e te . Le parole ci tenevano  legati in quell’illusione di un amore perfetto, al quale non abbiamo dato il tempo di consumarsi.
Poi un giorno ti ho perso.  Insieme le  pagine della mia mail. E’ andato via tutto. Ti hanno portato via  ed insieme una parte di me. I miei ricordi. Pezzi di vita, fotografie private della mia memoria. Via tutto! Deleted !
Il mondo virtuale non perdona . E’ effimero ed inconsistente. E’ stato un sogno dunque?!? Si, dolcissimo. Ed io non riesco ancora a svegliarmi. Ciò che e’ con ciò che vorrei che fosse stato. Come  le ore trascorse  sul filo sottile ed impalpabile di quel mondo in cui avevamo ragione d’essere. La mia solitudine a tener compagnia alla tua. Il mio ed il tuo desiderio intangibile di essere là e non altrove.
 Ora che tutto e’ finito in un buco nero , scomparso chissà dove, mi sento come se galleggiassi nel vuoto . Ho perduto il mio passato, la mia identità. Cerco invano di ricostruire momenti, scivolati via insieme a quelle parole. Quella intimità e complicità che ci faceva sentire invincibili. Carri armati indistruttibili,  forti delle  parole tra noi leggere.
4
Alessandra Massagrande
La prima volta che ti vidi, fu all’età di quattro anni circa. Papà aveva acquistato un piccolo appartamento. A quell’epoca, abitavamo fuori dal borgo. Selvaggio, rustico, bellissimo. Lì, tutto è tufo, una bella pietra, in cui la natura si è sbizzarrita nel conferire tutte le tonalità più dolci: terra scuro, nocciola caldo come le zolle al sole, marrone bruciato, grigio.
Umido malsano. Odore pungente. Tavolacci consunti. Ecco le fraschette, piccoli regni di Bacco rallegrati da chiacchiere e bicchieri che traboccano di vino, con le loro minuscole porte che aprono e chiudono a turno, in un allegro giro di giostra, lungo, meno lungo, quanto dura il loro vino.
Ma la vera malia è la campagna, dietro la necropoli etrusca, il percorrere strade già percorse da miriadi di piccoli uomini dalla lingua così misteriosa, il camminare su uno scrigno ricco di tesori. E i prati, gli aromi di quell’erba intrisa di spezie, i colli ceriti e il cielo sopra di loro. E guardando quel cielo, in una notte d’estate, smetterai di domandarti perché gli antichi venerassero le stelle. E’ proprio il cielo che quelle genti scrutavano per carpire il futuro dal volo degli uccelli. Piccoli uomini, piccoli punti stagliati contro l’azzurro. Eccoli, li vedi anche tu? Eppure sono lì, parte della campagna. Allora, un desiderio di conoscere quel mondo popolato da creature fantastiche ti assale, quel mondo che credeva in un aldilà buio, ma che aveva imparato a giocare con la vita, con i suoi cavalli alati e i leopardi blu, e poi le gorgoni, gorgoni dal sorriso beffardo, un giorno poste sulla sommità dei templi, che sembrano guardare te, che non sai, e ti domandi. Antica polis, la prima volta che ti vidi, ti prendesti una parte del mio cuore e giurasti di restituirmela solo se fossi tornata.
5
Ylenia Aruta
Realizzare vestiti per le bambole. Una scatola di pastelli e un foglio vuoto da riempire di sogni. Così comincia una storia come tante. Con un desiderio.
Ha attraversato strade tortuose come trama e ordito. Si è inebriato d’inchiostro odoroso delle pagine patinate. Si è scaldato con tonalità vibranti che si rinnovano di stagione in stagione. Durante quei viaggi, diventò collezionista di cartoline emotive mai lette. Furono messe da parte. Le parole sono facili da pronunciare, il difficile è perseguire gli obiettivi. 
Il dubbio riesce ad insinuarsi tessendo una fitta tela di sfiducia che ricopre anche le certezze consolidate, si perde di vista la meta. Si cade.
Una notte nel buio, parole e immagini iniziano a farsi spazio nella moltitudine degli assordanti pensieri. Passione. Materia, forma, colore. Ricerca, costruzione, avanguardia. Esperienza tattile, reminiscenza olfattiva, saturazione visiva. Apro gli occhi. Una bambina. la guardo, sono io. Ha le mani sporche di grafite e mi sorride porgendomi uno dei suoi fogli. È bianco. D’impulso comincio a scrivere, di me, di ciò che amo, di idee che prendono vita, tessuti che hanno storie da raccontare, abiti che comunicano senza parole.

6
Ilaria Mariotti
Siamo seduti in balcone su vecchie sedie a sdraio, con quel legno sbiadito da tanti soli, qualche chiodo che sporge e il tessuto blu un po’ bucato, stinto e intriso di acqua di mare. Ricordi di sale e di vento. Stiamo così, seduti in uno spazio ristretto che affaccia su interni di palazzi e che sa di panni stesi, sapone e salsa di pomodoro. Bari vecchia. Stiamo così, seduti tra vasetti di basilico e bottiglie vuote e fumiamo e mangiamo mandarini. Si parla ad occhi chiusi per trattenere il primo sole caldo d’inverno e si cicca nelle bucce tenute in mano. Aggiungiamo nuove spezie di noi. Io devo dare lingua latina e tu sei più in là e proponi Lisbona. Perché Lisbona d’agosto sfavilla. Rido alle tue convinzioni e ti dico i colori di Sintra. Ma hai già tutto disegnato in testa e mi passerai a prendere con la macchina e il ritmo sarà Otis Redding. Sono parole di domenica tra noi. La domenica con te è perifrastica. Ho intenzione di, mi accingo a, si deve. Io i verbi deponenti tu in giro per mercati, ad occhi chiusi intrecciamo le parole nel fumo. Parole che salgono e si dissolvono.
7
Silvia Cerpolini
Sono due funamboli e vivono le loro vite sospesi. La mattina salutano il sole con un salto leggero sopra quel filo trasparente e iniziano la loro danza: lei è avanti, si alza in punta di piedi e muove le braccia trasformando l’aria intorno in disegni colorati; lui la guarda, silenzioso, seduto sul filo con le gambe appoggiate sull’aria.
Non parlano, si muovono lentamente, respirano, chiudono gli occhi e si lasciano cullare dai pensieri, viaggiano nel tempo e nello spazio dipingendo il vuoto che li ospita.
Quel filo è il loro momento, si danno appuntamento là sopra senza dirselo, senza orari, si incontrano in quella dimensione quasi sempre per caso.
Sono questi silenzi che rendono il loro rapporto speciale: degli amanti condividono la segretezza e la fugacità degli incontri, della coppia custodiscono la naturalezza degli scambi affettuosi e dell’essenza dell’amore la voglia di scegliersi  ogni volta.
Al calar del sole si sfiorano, lentamente i loro corpi si uniscono in un abbraccio che li conduce ad uno squilibrio che però non li farà cadere.
8
Domenica Mafrica
“Papà perché vai sempre a lavorare?” Gli dissi dall’alto dei miei otto anni. “Dobbiamo comprare la vigna” disse lui e dopo aver indossato la giacca con le mani in tasca partì. Quando le viti furono nostre andai al terreno e guardai ad occhi spalancati a destra e a manca come se tutto quel verde fosse opera mia. Sdraiata sull’orlo del vigneto con le mani incrociate sotto la testa osservavo alcune bianche nuvole che si muovevano lentamente nella volta celeste, ora si infittivano, ora si diradavano come dei capelli sparpagliati al vento. Individuai quelli che chiamano ricci cirri e solo per averne saputo il nome mi sentii come se li avessi impastati io stessa e messi lì. Tornai a casa e dissi al genitore: “Papà ho visto i cirri al cielo della vigna anche tu?” “Io quando vado alla vigna” disse lui sorridendo “non guardo in cielo ma in terra altrimenti l’uva non cresce”.
9
Silvia Seracini
Fra me e il libro ci sei tu.- Il codice ISBN non coincide con quello segnalato sull’OPAC… – dici mentre volgi la schiena allo scaffale e il mio sguardo scivola sul lucido della copertina fino a colare nell’incavo a V della tua scollatura solo accennata.
Mi confonde l’immagine di un corpo sinuoso, rilegato in un involucro frusciante – seta? taffetà? – che a mala pena ne cela le forme. Ma a ben sognare non si tratta di stoffa, bensì di carta sottile: tante pagine intessute di righe stampate ad inchiostro che rivestono come iridescenti squame di coda di sirena l’ardore di quel corpo pronto ad essere sfogliato.
– Evidentemente si tratta di un’edizione diversa… – le tue parole tra noi leggère come coriandoli che piovono dalle pagine del tomo che mi porgi con grazia. Più lo sfoglio, più appari tu fra le righe.
Pagine di un libro fra me e te, e fra le pagine il pensiero – di una viola essiccata? – che potrei dirti qualcosa, certo. Ma preferisco continuare a leggerti.
E mentre deglutisco con un retrogusto di talco e di polvere, la tua ombra si dilegua silenziosa fra i corridoi della biblioteca.
Davanti a me resta l’inesorabile fessura vuota tra due libri, come lo spazio della tua assenza.                  
10
Marinella Simioli
Quando apri il tuo armadio speciale, in cui i vestiti sono  ricordi, devi stare attento a che non ti cadano tutti addosso. Ogni abito è un pezzo della tua storia, e rischi che possa andare in frantumi. Devi aprirlo con calma e godere di ciò che trovi Dentro c’è l’abito che non indossi più,ma che vuoi tenere ancora con te, perché ti scaldi il cuore; c’è quello che metti tutti i giorni, perché ti tenga compagnia; c’è quello che hai spiegazzato e gettato in un angolo perché ti sfreghi l’anima. Poi finalmente salta fuori l’abito più bello, il ricordo che ti rende più felice, che riavvolge il nastro della vita e riporta indietro le lancette del tempo. E’ il vestitino giallo, quello che solo a guardarlo ti vien voglia di volare per quanto è leggero. La sua seta come pelle morbida si lascia accarezzare. E pensare che qualche manciata di anni fa c’eri tu in quel vestito giallo, che il venticello primaverile faceva alzare facendoti arrossire. E’ stato il giallo che ha calamitato il tuo lui,  il tuo primo pensiero del mattino e l’ultimo della giornata. Era lui, che un giorno ti ha detto,  guardandoti negli occhi :“ Sei tu  il sole, il mio sole, e voglio che illumini per sempre la mia vita”.
11
Luigia Bencivenga
         
Un uomo e una donna riposano nudi dopo le fatiche dell’amore. Ad occhi chiusi, l’uomo offre alla donna parte del bicipite destro.  La donna ha gli occhi chiusi, non dorme, stringe i pugni e indurisce il corpo come una città cinta d’assedio.
         Moltitudini di guerrieri a cavallo s’avvicinano. Ne sente il rumore. L’esercito alle porte ha portato via gli umori che poco fa l’hanno resa molle. Ora è  muta, urla d’orrore, presagisce sciagure, ne pregusta il dolore. Avrà il suono di lance e pugnali a macellare carni vive. E gli odori di agnelli alla fine.
         Non resta altro che pregare un Dio ignorante,  mentre i guerrieri sul suo corpo, attraversano gli umidi interstizi, e urlano la  vittoria. Dio, liberami da questo esercito che m’impedisce l’amore, pensa e le lacrime tiepide scendono, a investire il braccio dell’uomo che dorme. Non si sveglierà, lui, beato, che ignora gli assedi e il balletto di danze e le angosce delle vedove acerbe.
         E’ il momento di agire, pensa,  basta aprire gli occhi, chiudere i varchi, respingere i guerrieri che, uno ad uno come birilli, cadono sulla terra di sangue, lontani  dall’atipico cuore.
         Poi si alza, si riveste alla svelta. E fugge via.
12
Stefania Lupo
“Senti, tu mi piaci. O, mi saresti piaciuto….se….No!No! Tu mi piaci! So che forse ti sembrerò pazza in questo momento ma, le lezioni sono finite e io non so se avrò ancora modo di rivederti! E se adesso non ti dico tutto, io…io penso che potrei anche esplodere! Mi piaci, Maurizio! Mi sei piaciuto da subito! Da quando ti ho visto entrare in aula, in ritardo, hai preso posto e…mi hai guardata. Mi piace il modo assurdo che hai di complicarti la vita per dire una semplice frase. Mi piace il modo in cui mi hai chiesto di uscire la prima volta, quasi in punta di piedi. Mi piace quando mi guardi, è come se mi accarezzassi. A volte riesco a sentire i tuoi sguardi sulla pelle. E… mi dai i brividi. Mi piace quando canticchi  a bassa voce mentre camminiamo e mi piace quando mi chiedi:” Come va?” E forse, anzi, sicuramente ignorerò tutto quello che hai pensato, detto, fatto e vissuto fino ad ora, e forse continuerò ad ignorarlo. Forse c’è già qualcun altro che ti aspetta in questo momento, mentre io sto tenendo questa assurda commedia, però tu mi piaci. E anche se forse non te ne farai un bel niente di tutto questo, io dovevo dirtelo.” Suona la sveglia. Steff spalanca i suoi grandi occhi scuri, tira un sospiro di sollievo nel vedere Ilaria, nel letto accanto al suo, che dorme beatamente. E’ tutto ok! Il suo segreto è salvo, è stato solo un sogno. Nessuna di quelle parole è veramente mai uscita dalla sua bocca, e purtroppo,  mai uscirà. O almeno, non in questa dimensione.
13
Giulia Cicchinè
Avevo tanto pensato a cosa regalargli, purtroppo però la mia inventiva si limitava a dei grafici microeconomici sugli angoli dei giornali che papà teneva sulla scrivania dello studio. Ero ferma sulla porta a fissare la poltrona azzurra che si rifletteva su un tavolo per gli ospiti di vetro con le gambe in ferro battuto. C’era odore di Marlboro rosse nella stanza, più del solito, chissà cosa avrebbe pensato Mattia quando in quella stanza sarebbe stata allestita la sua camera per una settimana. La finestra era aperta e avevo la pelle d’oca per l’aria di febbraio, mi guardai le braccia e pensai “Evviva i maglioni a maniche lunghe”, i miei peli non erano in tinta con la carnagione. In piedi pensavo: un profumo, un maglione o un orologio, immagini che si susseguivano come in un power point e poi l’idea, sotto l’accendino di papà. In un foglio rosso campeggiava “Love”, era l’etichetta di un vino. “Love è stupido e inflazionato, come i servizi in Tg su Sanremo; Love è rapido e efficace, come Pic Indolor; Love è chiaro e semplice, come la filastrocca delle elementari , Love è contorto e impestato come l’algebra Booleana; Love è unico e forte, come Bono al Rose Bowl a Pasadena”. Inbox.

14
Antonio Contini
La mia “prima volta” con Luca.
La mia “prima volta” con Luca ve la devo proprio raccontare. Mi cambiai tre
volte di abito e usai quattro profumi con i relativi lavaggi per toglierli. Due
metri di filo interdentale.  Ruppi due grucce appendiabiti e una pianta di
orchidea iberica rarissima. Mi tremavano le gambe. Seconda doccia con biorigenerante di Sirmione. Gonna plissettata nera “corta”senza marca. Calze
nere a righe con balza di pizzo Rosso Ciliegia. Stivali Just Cavalli color testa
di moro tacco sette con cintura di cuoio a far da pendant. Camicia Gucci in
tessuto Zephir bianco neve. Cappotto chiaro di panno lungo fino ai piedi di
Coveri. Cappello in lana morbida di Fenrragamo. Orologio I Tre Sorci Verdi,
modello Mancino, Profumo Azzaro Azzura. Tutto perfetto fino a quando, alle
20 con passo veloce non è spuntato da dietro il chiostro dell’edicolante. Di
Nuovo panico. Cappotto 7 18 di panno nero svolazzante. Completo gessato
canna di fucile modello Ferragamo o giù di lì. Scarpe nere in vitello. Capelli
freschi di parrucchiere. Elegantissimo. Appena mi vide sobbalzò dalla
sorpresa e sorrise. Ma il momento magico fu, quando avvicinandosi con gli
occhi lucidi mi disse: “Sai Marco vestita da donna sei bellissima!
15
Ferruccio Masci
Di silenzi e sguardi si è vestita la notte
Come amante sapiente di future carezze.
Sbircii di pelle da consapevoli fessure
Promettono precipizi e voli ai sensi più accorti.
In ritmi di danza battiti d’ali disvelano intime verità
Come il sole si fa zucchero nel frutto
Così in desiderio di te
Si fa sangue nella mia carne
Come un fiore attende il vento
Per donargli il suo profumo
Che con lui sarà carezza per nuove foci
Di silenzi è sguardi s’è intrisa la notte
Come utero accogliente
Ai bisbigli degli amanti.
Promesse antiche eterni inganni.
Attesa di sogni al fremere delle ciglia.
Un lento canto scivola leggero violando insaputi divieti, dita esperte per sentieri ogni volta inesplorati, l’eterno ritorno dell’uguale regala l’estremo orizzonte ormai alle spalle, laggiù dove abita l’abisso sì intrecciano respiri.  In silenzi e sguardi s’è spogliata la notte.
16
Doroty Scisci
Era una lunga giornata invernale quando l’influenza prese il sopravvento su di me. Nella stanza accanto, tu bevevi il tuo solito bicchiere d’acqua. Negli ultimi mesi quel letto era diventato la tua unica dimora. Le tue narrazioni parevano barzellette, mi divertivo come una matta sentendoti rimembrare i tempi in cui i tuoi bambini erano piccoli. La mattina del 20 aprile seguente ti spegnesti per sempre. Io non scesi in Puglia per il tuo funerale. Non è vero che il tempo placa il dolore e dopo sette anni il mio senso di colpa è ogni giorno più profondo. Nonna mia, avrei voluto abbracciarti forte a me invece di parlarti delle mie stupidaggini adolescenziali, ma tu mi ascoltavi sempre. Avrei voluto darti quel bacio che tutte le notti riempie i miei sogni di speranza e felicità, quella felicità che solo durante le mie estati da bambina vivevo con te, nonno e zia in campagna. Quando mi svegliavo all’alba e venivo ad aiutarvi nei campi e correvo scalza dalla mattina alla sera. Che spensieratezza! Avrei potuto prendere quel treno con mamma per dirti addio. Ma non ho fatto nulla. Mi lacrima il cuore, darei la mia vita per averti di nuovo tra le mie braccia anche soltanto per un giorno!
                                                                                                                 
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