– “Il babbo dov’é’?” chiedevo alla mamma mentre sbatteva un tuorlo d’uovo per colazione
– “L’è uscito a comprare le paste” –  mi rispondeva obbligandomi a mangiare quella brodaglia giallognola imbottita di zucchero semolato.

Io lo sapevo che il babbo era uscito. Perchè a svegliarmi non era il profumo di caffelatte ma quell’odore speciale di Monsieur Carven che usava ogni domenica  mattina prima di andare dal giornalaio e poi dal Bremboni, per il vassoio di bignè al cioccolato e crema.
Lo spruzzava copiosamente sulla giacca a quadri, quella bella destinata alle giornate di festa. Ché l’altra grigia se ne stava buona buona buona nell’armadio fino al lunedì seguente, quando l’avrebbe indossata senza profumo.

Carven dunque è la mia Madeleine. E ieri sera al Velodromo delle Cascine è stato un tuffo a pensiero pieno. Un bagno felliniano, un giro di giostra all’indietro. Il mio passato a giocherellare su un campo di calcio guardando una sfilata inedita, un piccolo film. In centro campo noi, gli ospiti, seduti fra tavoli di legno abbelliti da candide tovaglie e cibo in quantità. Intorno una gara podistica fra surreali camerieri e compiti modelli bon ton, a gareggiare uno di fianco all’altro verso un traguardo immaginario. Un premio da ricevere o una storia da raccontare. Mio caro Guillaume Henry, giovane creativo di Carven, quando la moda la si espone così io faccio un inchino. 

Una stretta di mano dunque per quelle gocce di felicità domenicali e per l’istante in cui, per caso, una sera di giugno le ho ritrovate. Non sopra una semplice passerella, ma in qualche pagina di quotidiano buttata qua e là. 
Tanto da sembrare vera e finirci dentro per sempre. 



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