E’ tutta una questione di fashion addicted, fashion girls, fashion victims, shopaholic, shopmania. Come un bisogno di “anoressicizzare” la moda. Di ridurla al nulla. Eppure, a monte, è un passaggio emotivo. Solitario. Una espressione di  e, quando ne vale la pena, di certo un’espressione artistica.

 Lo era, nel 1913 in Russia, per il costruttivismo di Vladimir Tatlin, Kazimir Malevic, El Lissitzky, alla ricerca di un’arte differente, che voleva vicina alle masse, espressione di una nuova classe sociale, quella dei proletari. Nella sostanza e nell’apparenza. L’abito che vedete e gli altri coloratissimi più sotto sono stati realizzati fedelmente sui disegni del 1923-24 di Liubov Popova, Alexandra Exter, Varvara Stepanova.

Il futurismo italiano non fu da meno. il “Vestito antineutrale” di Giacomo Balla, straordinario pittore della velocità, è del 1914, cinque anni dopo il Manifesto del Futurismo pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti sul Figarò, in un momento di grande affinità fra moda e arte, fra abito e rivoluzione. La guerra era appena scoppiata e i futuristi chiedevano a gran voce che anche l’Italia intervenisse. Idea folle, si scoprirà presto. Ma l’abito, in cui velocità e dinamismo plastico si fondono con il corpo, si indossano come forma artistica, era un’arma del pensiero. Per renderlo fruibile. Per accarezzare il futuro. 

Balla elabora bozzetti di moda e cerca nei tessuti l’espressione della profondità, e della modernità nelle forme da indossare. Abiti che devono stimolare l’immaginazione, irrompere fra le strade come simboli di rinnovamento, distruggere schemi, giocare di asimmetrie. Abiti che devono illuminare, abiti volitivi. Con le stesse caratteristiche della vita.
I diktat sono precisi: per l’uomo il nero, in un primo tempo, poi si passerà al colore, con cravatte dai motivi astratti, cappelli aggressivi e scarpe dinamiche. Per la donna borse trasformabili, giochi cromatici sulle camicette, cravatte decorate e cappelli eccessivi.

Il 1914 è anche l’anno della tuta reinventata come abito confortevole dal pittore fiorentino Thayaht, pseudonimo di Ernesto Michaelles anche lui futurista.

Reflecting fashion, al Mumok, il Museo d’arte moderna di Vienna, è una mostra meravigliosa, curata da Susanne Neuburger e Barbara Rüdiger: taglia tutta la storia del Novecento fino ai giorni nostri, attraverso il Surrealismo, Sonia Delaunay, Salvador Dalì in coppia con Elsa Schiaparelli, e poi Andy Wahrol, Christo, Yayoi Kusama …

E la chiamate solo moda?

Reflecting Fashion is a fantastic exhibition opened in Mumok, Museum of modern art in Vienna, until September 12. It focuses on clothing and fashion as an essential component of art. During the early 20th century, fashion became part of the formal language of the avant-garde, including the Futurists and the Surrealists.
Here, in the images, clothes and ties by Giacomo Balla and by Russian Constructivists Liubov Popova, Alexandra Exter, Varvara Stepanova.