Peter Lindberg – Daria Werbowy – 2010

$ «Ma la moda, monsieur. La moda di questa primavera…». Monsieur si inarca tutto, cerca di eludere, guarda il soffitto, pensa, poi si decide. «Più corte. Meno larghe. Meno fancy»$

(Oriana Fallaci intervista Christian Dior. Era il 7 dicembre 1948)

A partire da oggi e fino al 4 novembre la Triennale di Milano ospita Lady Dior Bag As Seen By, una mostra itinerante che rende omaggio ad una delle borse più amate in assoluto.  
Icona come mai, accessorio amato dalle donne, Lady Dior venne creata nel 1995. Le lettere dorate attaccate al manico furono ideate in omaggio alla passione di Christian Dior per i ciondoli portafortuna. Il suo era il numero 8: lo si trova nella data di nascita della Maison (8 ottobre 1946), nella sua prima collezione haute couture battezzata con il nome En Huit, nella sede della casa di moda l’VIII Arrondissement. 


Alla Triennale dunque vedrete la borsa interpretata in settanta varianti artistiche. Un impegno al quale non dovreste mancare  restituendo così a Monsieur Dior una piccola verità sulla quale contava. Convinto com’era che a partire dall’arte tutto potesse diventare moda. 

Lady Dior Bag As Seen By: is an exhibition at Triennale in Milano. 
Seventy works of art as a tribute to bag much loved. Until 4 november, free admission. 



Articolo di Oriana Fallaci pubblicato su “Il Mattino dell’Italia Centrale” il 7 dicembre 1948


Di seguito la trasposizione per chi volesse leggerlo

“Un bel giorno, non si sa come non si sa perché (ma è lecito fare domande simili agli ordini del sarto?) per più di un quarto di mondo si sparse una voce: stavano per tornare di moda i vestiti delle nostre nonne; o, almeno, le sottane stavano scendendo, allungando, stiracchiandosi, allargandosi. Più giù, più giù: cinquanta, quaranta, trenta centimetri da terra. Qualche coraggiosa elegante signora uscì per le strade ostentando con audacia da leoni l’ultimo modello della sua casa di mode. Gli uomini borbottarono, si accigliarono, scossero ironici la testa. Le donne (poche) fecero altrettanto e giurarono «io mai e poi mai». Finirono, neppure una stagione dopo, per svolazzare ingombrantissime gonne rasoterra: disinvolte come lo sanno essere le donne quando qualcosa è di moda. Perché? Ma. Così. Lo vuole Parigi, lo vuole Christian Dior. I figurini portavano ammassi, qualche volta semimostruosi, di stoffa. Tutte le case parigine allungavano, allargavano, arricchivano senza ragione. Perché? Ma. Così. Lo vuole Christian Dior. Christian Dior divenne il «mago», il despota affascinante e misterioso, il padrone del secolo. Se ne parlò ovunque. Obbedienti le sarte, le sartorie, le sartine, lo sognavano ossessionate e conquistate. Era diventato, insomma, già da allora l’uomo del secolo: altro che Bevin, Molotov; Truman! Christian Dior! Ma che tipo era questo Christian Dior?
Christian Dior è un signore alto, grosso. Imponente come un ministro. Con un naso che si potrebbe dire aquilino, una fronte larga, alta, che si confonde colla testa quasi calva. Quando parla la scatta, la manda indietro: insieme alle spalle, insieme a tutta la persona, insieme alle braccia sempre stranamente, inspiegabilmente, appoggiate sui fianchi. Di parigino ha solo il suo sorridere nervoso, le sue mossette vivaci, la sua aria di uomo di gran mondo, la sua gentilezza quasi affettata. Per il resto è un normalissimo signore. Ad un ricevimento lo potete scambiare per un diplomatico se lo sentire eludere le vostre domande e darne altre non richieste; ma se lo vedete soltanto, lo giurate un commerciante che giuoca in borsa o tutt’al più un importante direttore di banca.
Perché a noi Christian Dior è apparso proprio così. È stato nell’hall dell’albergo Excelsior. Camminava nervoso su e giù ostentando la sua testa calva e il suo naso aquilino, riconoscibilissimo a chi ve lo avesse descritto. Completo scuro, camicia chiara a righe celestine, paltò avana corto, dritto, un po’ vecchio. Assai moderno, pareva. Dior veste all’ottocento le donne: ma a quanto pare non ama conciliare la moda degli uomini. «Affare d’altri» forse direbbe scotendo un poco le spalle colla sua aria trasandata.
«Buona sera, monsieur Dior». Monsieur Dior si è voltato di scatto: un po’ allarmato, un po’ sulla difensiva, certo sorpreso. Credeva di essere venuto in incognito. Il suo è un viaggio di piacere, di riposo, antipubblicitario. «Chi diavolo v’ha detto…» dicevano i suoi occhi fra rassegnati e furibondi. (Il cielo protegga i cronisti) Sì Christian Dior è già stato in Italia: nel 1939, a Venezia. «Ah, dolce Italia…». Lo dice per cortesia o lo crede davvero? Questi illustri stranieri cominciano tutti così. E tutti sembrano sinceri. Ma, tirate le somme, dev’essere vero.
Parla con una voce dolce dolce, rotonda, un po’ velata, leggermente garrula, Christian Dior. «Le donne italiane? Oh, dite alle donne italiane che sono entusiasta di loro: belle, vive, e uno stile, una eleganza!». Parla a lungo delle donne italiane. Insiste che nessuna donna del mondo, neppure una parigina, ha il buon gusto di quella italiana: «Niente eccentricità. Sono così semplici, personali. Amano la linea e non i fronzoli. Vestite una vostra signora di un bel modello ed essa raccoglierà in sé tutta la tradizione di eleganza del vostro paese».
«Ma la moda, monsieur. La moda di questa primavera…». Monsieur si inarca tutto, cerca di eludere, guarda il soffitto, pensa, poi si decide. «Più corte. Meno larghe. Meno fancy». Cosa? Il mago tornerebbe sui suoi passi davvero, come qualcuno ha detto? Insistiamo; e Dior spiega. Accorciate sì, ma non troppo: quel poco che basta a non ripetersi. Le gonne non saranno così smoderatamente ricche come l’anno scorso: ridotte, ridotte. Più semplicità. E venuto in Italia per cercare ispirazione: ma di semplicità. Ritiene che questo sia il modo perché questa moda si mantenga duratura, perché gli altri, sarti parigini e no, che ora cominciano a soffiare vento di fronda alla primitiva obbedienza che gli altri tributarono, lo seguano ancora.
Dunque ritiene che la moda delle gonne lunghe (lunghe meno lunghe) duri? «Certo. Sicurissimo, senza discussioni». Lo dice con una sicurezza noncurante, da giocatore di borsa che sa in rialzo le «azioni» acquistate.
E l’intervista (quasi una intervista-lampo) finisce qui. Prima però Christian Dior vuol mandare a dire agli italiani che sono veramente artisti. Al che è doveroso (e non falso) rispondere che essi ritengono pure lui un artista. Salvatore Ferragamo è il mago italiano delle scarpe ammiratissimo a Hollywood e grande amico di Dior. Ci lavora da anni insieme, per l’estero. Una cooperazione perfetta. Si conobbero nel Texas, giurarono di rivedersi in Italia.
Con Ferragamo, Dior esce a fare un pranzetto fiorentino che sciupi impunemente la linea. Dopodiché «monsieur» partirà alla chetichella per Roma. E poi a Capri: per le sospirate vacanze di riposo: a guardare il mare azzurro che gli dia ispirazione e ripeta «più corte, più strette, più corte, più strette…».

L’articolo è stato tratto dal sito Oriana Fallaci. com che ringrazio per la ricchezza di fonti e ricchezza del materiale proposto.