Un uomo deve imparare molte cose, e quando non è più in grado di imparare diventa uno qualunque”. Lo diceva Francis Scott Fitzgerald, uno degli autori più in voga del momento, prossima l’uscita del film Il grande Gatsby alla cui  proiezione stampa prevista a Milano il 15 maggio non mancherò. Fitzgerald non sarebbe mai potuto diventare uno qualunque: era affascinante, ricco,  affamato di emozioni, autocentrato. E, soprattutto, sposato a Zelda Sayre, figura estremamente sensuale come le donne dei suoi romanzi. Perché Zelda era nei personaggi femminili di Scott: in una lunga intervista dirà appunto “ho sposato l’eroina dei miei romanzi”. Erano la coppia di sogno nell’età del jazz, talentuosi e mondani, belli e dannati vivevano nel lusso eccessivo nel 1923 le uscite mensili dei due ammontavano a 2.396 dollari, un’enormità per l’epoca. Ma l’uomo qualunque, che spesso non ci piace vedere, è pur sempre un aspetto concreto della vita. E torna a rivendicare la sua presenza. Così più tardi negli anni il grande Scott Fitzegarld si trova di fronte a una realtà assai meno patinata delle precedenti, Zelda schiacciata dalla sua personalità finisce in una clinica psichiatrica in Svizzera. Lui, in preda ai debiti e all’alcolismo, muore nel 1940 a soli 44 anni. No, non è una favola a lieto fine. E’ solo la vita. E’ quella di “Lasciami l’ultimo valzer”, l’unico libro scritto da Zelda dolorosamente autobiografico

Vi lascio ad un gioco di foto, alla mia passione per gli anni ’20 e ad alcuni oggetti della mia collezione. Che uso come fossero nuovi.