When you’re talking about love and feelings, language becomes universal. You can live in China, Europe, Middle East but the scheme of some behaviors repeats itself inevitably. So infidelity is the same everywhere. Luckily also the great poetry of love overcomes States boundaries. You might want to ask why I am telling you so. The reason why is because I saw “Rock the Casbah”, a wonderful film presented in national preview at the MiddleEastNow, which was organized in Florence by Roberto Ruta and Lisa Chiari.
The director of the film is Laila Marrakchi, born and raised in Casablanca, now living in Paris. Her name wasn’t new for me, since she already made people talk about her with her first film, “Marock”, which was presented at Cannes. “Rock the Casbah” is a story that takes place at Tangier and revolves around a family gathered to officiate the father’s funeral. Three days of mourning, but also three days for the people to show themselves in good or bad and get in touch with one another. Here’s what she told me in our chat.
“To find love you have to be free, not in your head and in your heart but also in facts. You can taste love only if you’re ready to open up to it”. Still, you might be hurt.
“You can start again. That’s what the female characters do in my film. I did it myself too, since I’m divorced”.
What are the consequences of the father’s death?
“He treated the women as a child: his three daughters, his wife and also his lover. When he dies the balance brakes up and so the others can finally find their depth and their true identities. The same happened during the Arabic Spring”.
What do you mean with that?
“Dictators are seen and treated in real world like the father in my film: mighty and scary, who makes other childish and then treats them like infants. When you get rid of them, everyone gets his role and maturity back. Like my female protagonists”.
And what kind of relationship do you have with men?
“It keeps getting better”.


Frankly, I didn’t understand if that was a joke or not.


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Quando si parla d’amore e di rapporti il linguaggio diventa universale. Puoi vivere in Cina, in Europa, in Medio Oriente ma lo schema di alcuni comportamenti si ripete inevitabilmente. Come un destino. Talvolta con tragici scollamenti, altre volte con ricuciture degne di una sartina. E così il tradimento è uguale dappertutto, il disincanto pure. Ma resta la grande poesia dell’amore che non ha confini. E che ritorna, nonostante tutto, a ricoprire le nostre ovvietà. Perché vi racconto questo? Perché ho visto “Rock the Casbah”, un film bellissimo presentato, in anteprima nazionale, al MiddleEastNow di Firenze organizzato da Roberto Ruta e Lisa Chiari.

La regista è Laila Marrakchi, cresciuta a Casablanca, da vent’anni a Parigi, che già con il suo primo lungometraggio, “Marock” si era fatta conoscere a Cannes, sezione Un certain regard. Quella di “Rock the Casbah” è una storia ambientata a Tangeri e ruota intorno a una famiglia riunita per celebrare il funerale del padre (interpretato da uno straordinario Omar Sharif). Tre giorni di lutto dunque, come vuole la tradizione, ma anche tre giorni dove i rapporti fra tutti i componenti escono allo scoperto. Nel bene e nel male. E su un sentimento, universale come l’amore, si giocano partite ben più profonde che toccano i diritti individuali e la libertà d’azione. Le conseguenze? Me le ha spiegate la regista e io le racconto a voi.
“Per incontrare l’amore bisogna essere liberi, di testa e di cuore, certo, ma anche nei fatti. L’amore si assapora nella sua interezza quando possiamo aprirci totalmente”. 
Talvolta però si prende la fregatura. 
“Ma si può ricominciare, lo fanno le donne del mio film. L’ho fatto anche io che sono separata”. 
La morte del padre, del grande accentratore, che significato ha?   
“Lui aveva infantilizzato le sue donne: le tre figlie, la moglie, l’amante che teneva in casa con un figlio riconosciuto solo di nascosto, all’insaputa di tutti, lui compreso. Alla sua morte la trama si rompe e gli uomini possono uscire con le loro identità: non avevano spessore prima perché lui aveva il sopravvento su ogni cosa, aveva occupato lo spazio di tutti. E’ un po’ quel che è successo nelle primavere arabe”.
Curioso paragone. In che senso?
“I dittatori sono e vengono vissuti un po’ come nel film il personaggio di Omar Sharif: dei padri potenti, di cui si ha paura, che rendono infantile il loro popolo e come tale lo trattano. Quando ti liberi di loro, ogni persona riacquista il suo ruolo e la sua maturità. Così per le mie protagoniste”.
E lei che rapporti ha con gli uomini?
“Perfetti. Di bene in meglio”. 

Se era o no una battuta non l’ho capito.