• Roberto Di Caro

  • Journalist
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Rivoltare il mondo come un calzino, lottare con il Sole, dargli battaglia, vincerlo, perché «noi colpiamo l’universo» e «tutto è bene quel che comincia bene e non ha fine». Era questo, nulla di meno, il programma poetico-politico dei “budetljane”, i futuristi russi.

Lo era fin dagli esordi, in una Russia zarista in piena repressione stolypiniana quando solo un visionario come Velimir Chlebnikov, il padre di tutti i cubofuturisti, poteva predire, sulla base di calcoli e ricorrenze numeriche dai Sumeri in poi, che nel 1917 sarebbe scoppiata in Russia una grande rivoluzione. Nel 1913, quattr’anni prima che a mondo ormai ribaltato dall’Ottobre Majakovskij scrivesse «oggi sprofonda il millenario “prima”, oggi la vita rifaremo di nuovo, sino all’ultimo bottone», il poeta Aleksej Kručënych, il musicista Michail Matjušin e il pittore Kazimir Malevič in veste di scenografo e costumista mettono in scena al teatro Luna Park di Pietroburgo lo stupefacente “Vittoria sul Sole”, opera in due atti e sei quadri tra l’oggi e un futuro lontano.

Vittoria sul Sole

La vittoria sul sole, al Ravenna festival.

Non andava in scena da allora, l’ha finalmente riallestita il moscovita teatro Stas Namin, il Ravenna Festival l’ha inserita nel ricchissimo e per nulla scontato programma dell’edizione 2017. Dove vi abbiamo assistito nello storico teatro Alighieri, e dal quale sono tratte le immagini.

Di Chlebnikov, nella sua “lingua transmentale” chiamata zaùm, è il prologo di “La Vittoria sul Sole”, «le passaterie vi racconteranno chi eravate, le extra-temporalerie chi siete, le presenterie chi potreste essere, le mattinerie chi sarete» (così nell’impossibile ed eccellente traduzione di Michaela Böhmig). Scherza a inizio rappresentazione il regista Namin, colpito dal testo che scorre in alto in italiano, «giacché in russo nessuno riesce a seguire i funambolismi del linguaggio cubofuturista».

Ma la fruizione, come la provocazione, si gioca esattamente sull’incrociarsi e il sovrapporsi di invenzioni sceniche, linguistiche e musicali, una dopo l’altra, una sull’altra, mentre in scena impazza una teoria di personaggi come automi e marionette, Nerone, Caligola, il Viaggiatore, il Grassone, l’Attaccabrighe, e sportivi, becchini, codardi, Occhio Screziato…

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