Roberto Di Caro
- Journalist
Ma che bravi questi ballerini-cantanti-attori della BSMT, la Bernstein School of Musical Theater di Bologna diretta da Shawna Farrell. Non era la cosa più facile del mondo, né la meno azzardata, portare sulla scena West Side Story, al Teatro Comunale di Bologna dall’11 al 17 luglio, direzione di Timothy Brock e regia di Gianni Marras (qui di seguito le foto della prima).
La gioiosa frenesia dei botta e risposta dell’aria notissima “I like to be in America!”; l’eccitazione mista a paura nello scontro fra la gang portoricana degli Sharks e i teppistelli bianchi dei Jets ossessionati dalla difesa del territorio e dalla costruzione di una fragile identità fin da “When you’re a Jet” nella prima scena, pannelli in continuo movimento sul palcoscenico a restituire il senso del darsi la caccia come della fuga, dell’aggressione come della paura, fra vicoli e bassifondi newyorkesi anni Cinquanta; l’incantata innocenza di Maria e Tony (Caterina Gabrieli e Timothy Pagani, citiamo loro due per tutti) nelle scene e nei duetti d’amore “One hand, one heart” e “Somewhere”; poi il drastico ribaltamento di registro con i due morti ammazzati dell’ultima scena del primo atto e l’ineluttabilità cupa di un destino che ti tracima addosso per tutto il secondo atto.
Per i rimandi di rito c’è la memoria, alla peggio wikipedia: Shakespeare, Giulietta e Romeo, la prima nel ’57, il film del ’61 con Natalie Wood, il fallimento del mondo maschile, la speranza giocata sulle donne. In questa messa in scena v’è da dire che funzionano le coreografie, la macchina scenografica, i costumi, e funzionano insieme, musica, modulazioni vocali, corpi che volteggiano, ché poi alla fine questo conta: tanto più in quella sola vera “opera d’arte totale” del Novecento che, con buona pace della wagneriana Gesamtkunstwerk, è il musical.
Photo Rocco Casaluci