Roberto Di Caro
Intanto, una magnifica direzione d’orchestra, al Comunale Nouveau di Bologna, quella del belga Martijn Dendievel, neanche trentenne, enfant prodige che a tre anni suonava il violino e a undici esordiva sul podio: «leggera, slanciata, precisissima», per dirla a caldo con l’insigne musicologo Lorenzo Bianconi. Come al meglio ci si poteva aspettare per il Mozart di Così fan tutte, in scena fino al 1° giugno al Comunale di Bologna.
Da lì, tutti i pezzi vanno al loro posto, le belle voci e non ultima la presenza scenica dei cantanti, Mariangela Sicilia (impeccabile nel Per pietà, ben mio perdona) e Francesca Di Sauro per le giovani Fiordiligi e Dorabella alla scoperta dell’eros, Vito Priante e Marco Ciaponi per gli spaesati bellimbusti Guglielmo e Ferrando, Giulia Mazzola per la frizzante e spregiudicata Despina, Nahuel Di Pierro per il Don Alfonso architetto di tutto il gioco di vero e falso che intesse il dramma giocoso di Mozart e Da Ponte: identità date per acquisite e ribaltate dall’improvvisa scoperta di diverse possibili facce di sé e degli altri, in quella “scuola degli amanti” in cui a uomini e donne tocca imparare come va il mondo e quanto è sfaccettato l’animo umano.
Alessandro Talevi, regìa e scene dell’opera che chiude la sua trilogia mozartiana iniziata nel 2023 con Le nozze di Figaro e qualche effetto di troppo e proseguita con il Don Giovanni la scorsa stagione, ha optato stavolta per una scenografia funzionale ed efficace, senza inutili bizzarrie, video utilizzati con la necessaria discrezione, che funziona a meraviglia. Penseresti a un’ambientazione senza tempo, come senza epoca sono le oscillazioni del desiderio e dell’amore; finché in scena non arrivano Guglielmo e Ferrando travestiti (a libretto, da turchi o valacchi) come usciti da Easy Rider con tanto di codino e chitarra. Un pò paiono stridere, quei due beatnik, con i bei costumi di Stefania Scaraggi per il coro (al meglio anch’esso, maestro Gea Garatti Ansini): soldati sull’aria “Bella vita militar”, servi e popolani con il fez alla turca ad addobbar feste e matrimoni, prima finti poi veri: scopri allora che intento del regista era stabilire un nesso tra la presa di coscienza dei protagonisti che così fan tutte e la rivoluzione del costume e del sentire degli anni Sessanta. Serva o no, è la sua lettura, la sua chiave di interpretazione. In fondo, perché no?