“Ho immaginato questo vestito di colore bianco perchè rappresenta la carta sulla quale possiamo scrivere un’infinità di discorsi L’ho fatto lungo per rappresentare la lunghezza delle frasi messe insieme da tante lettere. Ogni piega rappresenta i diversi significati che può assumere una parola. Infine o aggiunto il cappuccio, perchè con il cappuccio posso proteggermi  da molte parole e tante frasi che possono fare male” (Ilaria Dallari)


Vi siete mai chiesti che taglio avrebbe un abito di parole? Come potremmo sfilare vestiti unicamente dei nostri pensieri? Io l’ho fatto, ho invitato le mie giovani allieve del corso di Fashion Writer a disegnare la sensazione.Mi hanno stupito: per l’inventiva, L’originalità e la ricchezza delle argomentazioni. Ecco le  alcune delle loro proposte. 

“Le caratteristiche principali del mio abito di parole sono le piume e le paillettes. Le piume simboleggiano le parole frivole, futili, quelle che si pronunciano in modo superficiale e con poco interesse. Per esprimere questo concetto effimero nell’abito, ho voluto applicare delle piume, che notoriamente sono leggere e impalpabili, quasi inconsistenti, un ottimo modo per spiegare il senso delle parole futili.
Le paillettes, invece, rappresentato in tutta la loro brillantezza, le parole importanti, più interessanti  e incidenti, ovvero quelle parole che danno valore alle nostre osservazioni e ai nostri pensieri. Inoltre, ho applicato le paillettes in modo più diradato nella parte inferiore dell’abito, la stessa parte  contaminata dalle piume, unendo così parole frivole e parole sagge. Questa antitesi  si riferisce alla diversità di contenuti provocata dall’impiego di questi due generi di parole. Per concludere, ho applicato anche una collana importante che stringe il collo, facendo riferimento  a tutte quelle parole “strozzate” che spesso si vorrebbero dire ma che purtroppo si devono trattenere per non offendere o litigare con le altre persone (Michela Saguatti)

" Qual è il modo migliore per lasciar parlare un abito, se non con una stampa "giornalistica"? "
Stampe di giornali politici o di attualità, a dimostrazione che le belle donne non sono stupide.
(Sara Draghetti)
 

 
 
“Il disegno raffigura una donna di titolo nobiliare di epoca rinascimentale. 
Sul vestito, in alcuni punti, sono state ricamate delle parole, per richiamare simbolicamente il concetto che il potere risiede nell’avere voce e nel potersi esprimere. 
Il Rinascimento infatti rappresenta per le donne un’epoca ambigua ma significativa. Apparentemente sembra non differenziarsi dal Medioevo e ancor prima dall’Età Romana, in quanto permane lo ius del paterfamilias, sebbene attenuato rispetto all’epoca romana classica. In questi secoli infatti le donne sono oggetto di interesse unicamente nell’ottica di far contrarre loro un matrimonio vantaggioso per la famiglia d’origine, quasi si potessero considerare un bene, un investimento per il futuro. 
Nonostante questa apparente condizione sottomessa e priva di alcun rilievo, è proprio in quest’epoca che emergono figure femminili di spicco, che hanno segnato la storia (si pensi a Lucrezia Borgia, Vittoria Colonna o Isabella D’Este Gonzaga). Infatti in età adulta, dopo essersi sposate e aver adempiuto all’obbligo della procreazione, posso dedicarsi alle arti umanistiche, interessarsi all’arte, circondarsi di artisti e letterati, o tramare in segreto per l’ascesa al potere dei propri figli.
Il disegno rappresenta dunque questo contrasto tra l’immagine di donna oggetto priva di voce e le parole scritte sul vestito, attraverso cui si simbolicamente si esprime. Parole che sembrano uscire prepotentemente, annunciando la nascita dell’emancipazione dei secoli seguenti”.

(Elisabetta Guolo)

(Matilde Govoni)