• Roberto Di Caro

La voce e il corpo, questa la chiave del plateale successo della prima della Tosca di Giacomo Puccini, che sabato 29 gennaio ha inaugurato la stagione del Teatro Comunale di Bologna. Al plurale, s’intende: le voci, la soprano Maria José Siri che è Tosca, il tenore Roberto Aronica nei panni di Cavaradossi, il baritono Erwin Schrott nel ruolo di Scarpia.
Ma anche i loro corpi, ovvero la mimica, la gestualità, la recitazione, da taluni definita cinematografica come nella scena della tentata violenza del perfido Scarpia che gli costerà la vita per mano della sua vittima.

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Complice la bacchetta di Daniel Oren, che qui non dirigeva da un quarto di secolo, e perché no anche la sottile euforia che serpeggiava in un pubblico per il quale questa prima è il segno del ritorno a una normalità musicale e teatrale agognata da due anni, abbiamo assistito nientemeno che a due bis reclamati ed eseguiti a scena aperta, il primo della soprano al “Vissi d’arte”, poi del tenore al terz’atto, su “E lucevan le stelle”.

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Classica la regia, di Hugo De Ana, cui si devono anche scene e costumi: con alcuni bei guizzi, uno per tutti la roboante sfilata di cardinali e prelati in luccicanti abiti talari in chiusa del primo atto, un po’ Fellini, un po’ beffa “volterriana”, per usare l’aggettivo con il quale il barone bolla il Cavaradossi.

Repliche fino a domenica 6 febbraio, anche con un secondo cast, incluso l’atteso Claudio Sgura per Scarpia, costretto da un’indisposizione a saltare la prima.

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