PATRIZIA FINUCCI GALLO
“La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano” scriveva Italo Calvino ed è proprio pensando a questa frase che ricompongo il fil rouge che lega una città come Castelfranco Veneto alla sua storia.
Le linee di una mano, dicevamo, quella del Giorgione, quando da Villa Barbarella usciva per raggiungere Casa Pellizzari, un edifico di fine Quattrocento, per dipingere sulla parte alta di una parete il Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche. Proprio in quel contesto la frase di Calvino suona come una profezia e nell’affresco apparentemente decorativo si cela la più grande paura di tutti i tempi: l’inizio di una guerra.
Un presagio lungo 32 metri, dettato dalla nefasta congiunzione astrale di Saturno, Giove e Marte in Cancro che si sarebbe verificata dall’ottobre 1503 fino all’aprile 1504 insieme all’eclissi totale di luna. Cosa può fare l’uomo quando manca l’armonia nel cosmo? “Si prudens esse cupis in futura prospectum intende”. Se vuoi essere saggio volgi lo sguardo al futuro. Penultimo cartiglio.
Ed è su quella voglia di futuro che a Castelfranco Veneto, in uno dei borghi murati più belli d’Italia, i capitani d’impresa hanno scommesso tutto e la storia è davvero nelle linee della mano. Niente outfit firmati, ma abiti da tutti i giorni, un racconto semplice e una foto che contiene il passato: poco importa dimostrare uno status, quello che conta è imprimere nella memoria il primo furgone Fraccaro del 1932, la mamma Elena, il papà Giovanni, la zia e quella scritta Pandolce che farà la fortuna della famiglia con le mille varianti e la Focaccia Carta Verde che trovate nei negozi italiani, oggi con il marchio Fraccaro spa.
Tanto c’è da raccontare e da vedere in questa cittadina costruita da Ezzelino III da Romano verso la metà del Duecento, protetta da una possente cinta muraria alta 17 metri e lunga 230 per lato. A partire dalla Torre Civica, 43 metri di altezza, simbolo della città con lo stupendo orologio dal quadrante azzurro sormontato dal Leone di San Marco. E, pochi passi più in là, il Teatro Accademico progettato nel 1754 dall’architetto Francesco Maria Preti, quattro palchi d’angolo, un soffitto affrescato da Sebastiano Santi raffigurante una stupenda Immortalità seduta sulle nubi.
Al numero 8 di Vicolo Vetri il mistero de Lo Studiolo, luogo enigmatico collegato al Museo Casa Giorgione. Si tratta di una stanza dotata di una fascia affrescata (a tutto perimetro lunga 20 metri e alta quasi 80 centimetri) nella parte più alta del muro con gli stemmi di alcune famiglie importanti dell’epoca come i Costanza, i Marta e i Gardenigo, i Moro, i Dotto. Richiama l’ambiente di una Confraternita, se osserviamo l’affresco inquietante posto sopra il camino che raffigura una donna con un orecchio in mano, la bocca serrata e gli occhi chiusi.
E allora mi chiedo perché questo bellissimo borgo non goda dei prestigiosi richiami culturali che altre cittadine hanno, restando confinato in un microcosmo immaginario più alla Guareschi che alla D’Annunzio. Quando nella sacrestia del Duomo non trovi la tonaca di Don Camillo ma i preziosi affreschi del Veronese che vi consiglio di andare a vedere: La Fama, La Temperanza, La Giustizia. Tre allegorie peraltro di grande attualità, i patiti di instagram potrebbero articolarci uno storytelling mica da poco.
Questo nonostante Castelfranco Veneto abbia scosso animi illustri, emozionando Ippolito Nievo, Hugo Von Hofmannsthal, Emilio Gadda, Giovanni Comisso. E oggi La Salottiera.
Neppure i natali di Giuseppe Melchiorre Sarto, eletto Papa Pio X nel 1903 e beatificato nel 1954, hanno compiuto il miracolo di invertire la tendenza. E anche qui vale la pena di fermarsi nella casetta al centro di Riese, oggi Museo, dove il 2 maggio del 1835 il piccolo Beppi e futuro pontefice emise il primo vagito. Che negli anni divenne une bel po’ imponente, tanto da scazzottarsi con alcuni individui che prendendolo in giro si erano messi davanti al calesse e gli avevano bloccato il passaggio: tonaca o non tonaca, l’allora Don Sarto prese la frusta e cominciò a farsi largo, furono i parrocchiani a soccorrere il reverendo per evitare una seconda e imprevedibile collisione.
Può darsi abbia ragione l’assessore al turismo e vice sindaco di Castelfranco Veneto, Gianfranco Giovine, più un cantore che una guida, in questo tour fra conventi e strade d’arte quando rivolge gli occhi al cielo e in modalità Don Sarto si scaglia contro l’egemonia delle fiere paesane.
Dunque, bollite le emozioni nelle sagre, affogati gli occhi in acri salamoie, arrostiti i turbamenti sulle braci colate di grasso, davvero non riusciamo più ad elevarci verso il bello?
LUOGHI DA NON PERDERE
Città murata-città di Giorgione: questa è l’icona bifronte di Castelfranco Veneto, impressa, ieri e oggi, nello sguardo stupito e rapito di poeti, scrittori e viaggiatori d’ogni dove. In particolare, Castelfranco Veneto deve il proprio nome al castello Franco (esente) da imposte per i suoi primi abitanti-difensori. Il possente quadrato di mattoni rossi è stato eretto sopra un preesistente terrapieno, tra la fine del XII e primi decenni del XIII secolo, dal Comune medievale di Treviso, a presidio del turbolento confine verso le terre padovane e vicentine. Città murata per sua stessa definizione, conserva quasi integralmente la cinta muraria alta circa 17 metri, lunga circa 230 per lato, le torri che si innalzano ai quattro angoli e nei due punti mediani. Il governo di Ezzelino III da Romano nella metà del ’200, la dominazione veneziana, il breve periodo carrarese – di cui rimane lo stemma con il carro a quattro ruote ancora visibile sotto la volta della torre civica – la guerra di Cambrai: tutte queste vicende storiche hanno lasciato il loro segno indelebile e oggi il castello, sfuggito alla demolizione nell’Ottocento, è diventato il simbolo della città.
Città di commerci fin dall’origine, Castelfranco lega indissolubilmente la sua storia alla strategica posizione nel Veneto centrale, tappa obbligata tra Venezia, la Germania e le Fiandre, tra l’Europa occidentale e le pianure dell’Est. Patria di uomini di scienza (Jacopo, Giordano e Vincenzo Riccati), di architetti (Francesco Maria Preti) e musicisti (Agostino Steffani), Castelfranco Veneto è universalmente nota per aver dato i natali a una delle figure più straordinarie ed enigmatiche della storia della pittura: il famoso pittore rinascimentale Giorgione.
Castelfranco Veneto. Primo tour intorno alla figura del Giorgione.
Giorgio da Castelfranco, ovvero Giorgione, uno dei più grandi pittori del Rinascimento, nasce a Castelfranco tra il 1477 e il 1478. La sua figura è una delle più enigmatiche della storia della pittura: non ha firmato alcuna opera e la ricostruzione del suo catalogo, nonché la determinazione dei significati iconografici di molte sue opere, sono oggetto di numerose controversie e dibattiti tra gli studiosi. Giorgione si trasferisce a Venezia nel 1503-1504, dopo aver lasciato a Castelfranco due gemme preziose tra le poche riconosciute al pittore: l’ermetico Fregio di Casa Marta, ora Museo Casa Giorgione, e la celeberrima Pala, conservata in Duomo.
Nella città lagunare si appoggia alla bottega di Vincenzo Catena, dal quale apprende la tecnica di Giovanni Bellini, mentre attraverso un gruppo di pittori lombardi presenti in laguna, conosce l’insegnamento di Leonardo da Vinci. E’ attivo nella scena pittorica veneziana per poco più di dieci anni, segnando un’apparizione repentina ma sfolgorante, che nella storiografia artistica ha poi assunto proporzioni leggendarie. A differenza di altri artisti a lui contemporanei (Bellini, Cima, Tiziano) il cui successo pubblico è legato ai generi celebrativi della pala d’altare e del telero pubblico, Giorgione si rivolge alla dimensione privata, con le sue figure isolate e il suo difficile allegorismo. La sua attività ha segnato un cambiamento epocale nella pittura veneta, imprimendo una decisiva svolta verso la “Maniera Moderna”.
La Pala di Castelfranco (Madonna col Bambino tra San Francesco e San Nicasio)
All’interno del Duomo, l’enigmatica ed affascinante figura di Giorgione (1478ca –1510) si materializza nella straordinaria invenzione poetica e compositiva della Pala, commissionata da Tuzio Costanzo, uomo d’armi, per la cappella di famiglia, in occasione della morte del figlio Matteo. Il dipinto –una delle poche opere certe del pittore, databile tra il 1503 e il 1504- raffigura, sullo sfondo di un paesaggio, la Madonna in trono con il Bambino, S. Francesco e S. Nicasio, che impugna l’insegna dei cavalieri di Malta. Nella tavola di Castelfranco, Giorgione introduce elementi fortemente innovativi nella pittura veneta rinascimentale grazie all’utilizzo della “pittura tonale”, una tecnica sapiente fatta di velature sovrapposte di strati colorati, che creano un effetto di morbido chiaroscuro, e alla novità iconografica del trono altissimo immerso nella luce soffusa di un paesaggio di campagne e colline. Oggi, la sobria cappella della Pala è meta di visitatori provenienti da tutto il mondo e il capolavoro di Giorgione non cessa catturare lo spettatore in un forte coinvolgimento emotivo, suscitato dalla serenità del paesaggio, dal commosso silenzio dei personaggi e dalla muta compostezza dell’effigie marmorea del giovane Matteo Costanzo.
Il Museo casa Giorgione
Inaugurato, in questa sua attuale veste, nel 2009, in concomitanza con le celebrazioni per il V Centenario della morte di Giorgione, il Museo celebra l’artista nella sua città natale ed è allestito proprio nella casa dove il maestro dipinse l’enigmatico Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche, a pochi metri dal Duomo cittadino che custodisce la splendida Pala di Castelfranco. L’allestimento è stato pensato per condurre il visitatore a scoprire il mondo in cui Giorgione crebbe e affinò le sue arti non solo pittoriche, ma anche musicali, con interessi pure per altre discipline, quali l’esoterismo. Si racconta quindi della corte di Caterina Cornaro, Regina di Cipro, così come di altre figure con cui Giorgione venne a contatto attraverso un percorso che cattura l’attenzione del turista che giunge a Castelfranco Veneto attirato da uno dei nomi più importanti (e misteriosi) della storia dell’ arte. All’ultimo piano del museo sono ospitate, inoltre, esposizioni temporanee.
Villa Barbarella Avogadro degli Azzoni (sede del Conservatorio Agostino Steffani e casa natia di Giorgione)
Il complesso sorge su una piccola altura a prato a ridosso delle mura nord occidentali. È composto dalla villa, alla quale si accede attraverso una scala in pietra, da un corpo di collegamento e da un edificio elevato su tre piani.
Sede del Conservatorio Agostino Steffani, istituzione di grande rilievo è un edificio con una lunga storia alle spalle che inizia a partire dal XVI secolo, pur se l’aspetto attuale deriva da successive modifiche avvenute tra ‘700 e ‘800.
Casa Costanzo
A pochi passi, in vicolo del Paradiso, si incontra Casa Costanzo, l’antica dimora che Tuzio Costanzo (che aveva commissionato al Giorgione la splendida Pala di Maria in trono tra i santi Giorgio e Francesco) abitava all’interno del castello dal 1494. Dell’antico edificio rimangono l’elegante trifora gotica ad arco ogivale polilobato della facciata e lo stemma in pietra dei Costanzo con le iniziali di Tuzio. All’interno risultano interessanti gli affreschi del salone del piano nobile dove, accanto alle imprese dei Costanzo e dei Verni di Maiorca, lo spazio è affrescato da fasce parietali che lo percorrono nella sua interezza. Si tratta di due diversi motivi ornamentali: quello dipinto su fondo rosso scuro, dove tra fogliami e volute si contrappongono due figure femminili nude, e la fascia su fondo giallo oro, dove si evidenziano cavalli marini alati, leoni e tritoni tra i fogliami.
Castelfranco Veneto. Tour del centro storico: fra misteri e santità
Duomo di S. Maria Assunta e S. Liberale
Accanto e direttamente collegato al Museo Casa Giorgione, il Duomo di S. Maria Assunta e S. Liberale, progettato da Francesco Maria Preti nel 1723, custodisce la celeberrima Pala di Castelfranco. L’edificio, che riassume le teorie rivoluzionarie dell’architetto, in primis la media armonica proporzionale, è ricco di opere d’arte, tra cui la Discesa di Cristo al Limbo di Giovanni Battista Ponchini e il Martirio di San Sebastiano di Palma il Giovane. Nella Sacrestia si possono ammirare 7 frammenti degli affreschi che il Veronese aveva realizzato per villa Soranza di Treville, demolita ad inizio ‘800, ovvero la Temperanza, la Giustizia, il Tempo e la Fama dipinte sul soffitto,
e alcuni ovali con putti alati. Inoltre, tra le opere più significative la Cena in Emmaus e la Consacrazione Vescovile di S. Nicolò di Paolo Piazza, la Presentazione al Tempio di Palma il Giovane e un San Rocco ai piedi della Vergine con Bambino attribuito a Jacopo da Ponte detto il Bassano.
Passeggiando tra i vicoli e le piazzette dentro le mura, eleganti palazzi e antiche dimore testimoniano un passato ricco di storia. Tra i siti di maggior interesse il Teatro Accademico, anche questo progettato nel 1746 da F. M. Preti, il Palazzo del Monte di Pietà, oggi sede della Biblioteca Comunale, il Conservatorio A. Steffani e Casa Costanzo, abitata da Tuzio Costanzo, committente della Pala di Giorgione, venuto da Cipro a Castelfranco nel 1475.
Fuori le mura si apre la scenografica Piazza Giorgione, già Piazza del Mercato, con il Paveion o Loggia dei grani (1603) vecchia sede di attività di contrattazione mercantile, e la schiera di eleganti palazzi affrescati che si susseguono elegantemente lungo tutto il Corso XXIX Aprile.
Al XVIII secolo risalgono la Chiesa e il Convento di San Giacomo e il Palazzetto Preti, unica parte costruita dell’incompiuto Ospedale progettato dall’architetto castellano ed oggi sede di mostre ed eventi.
Il Teatro Accademico
Il Teatro progettato nel 1746 da Francesco Maria Preti, fu costruito tra il 1754 e il 1780, ad eccezione di facciata e atrio, aggiunti tra il 1853 e 1858, su disegni di G. Meduna e A. Barea, autori pure della ristrutturazione interna, funzionale alla messa in scena di opere liriche. Ceduto nel 1970 al Comune della Società del Teatro per la simbolica somma di 101.000 lire, fu restaurato tra il 1973 e il 1977. L’originalità dell’edificio consiste nella sua duplice funzione di teatro diurno (per le riunioni degli accademici) e notturno (per rappresentazioni teatrali) e nella sua ottimale acustica raggiunta mediante l’applicazione della regola della media armonica proporzionale. Nel corso della ristrutturazione ottocentesca si eliminò l’originario zoccolo a bugnato rustico, si rettificò la linea sinusoidale delle tre file sovrapposte di palchi e si rifece il soffitto, affrescato dal pittore Sebastiano Santi con l’allegoria raffigurante L’immortalità assisa tra la Virtù e la Gloria che dispensa serti di alloro a letterati, scienziati ed artisti nativi di Castelfranco. Il 9 ottobre 1858, la sala, rinnovata nelle forme attuali, fu solennemente inaugurata dal Trovatore di Giuseppe Verdi.
Casa Natale di San Pio X (Riese Pio X – a 8 km dal centro di Castelfranco Veneto)
Giuseppe Sarto, passato alla storia come Papa Pio X, è figura di culto nelle Terre di Giorgione. Innumerevoli le testimonianze che raccontano da quando, giovane studente, veniva a Castelfranco dalla natia Riese. Nel Duomo di Castelfranco prese i voti per un percorso che poi lo portò alle soglie di San Pietro. Il legame con la terra patria lo si trova ovunque, a partire dal suo paese natale.
Dalla Parrocchiale che conserva il fonte battesimale al Santuario delle Cendrole, cui il Papa fu sempre molto legato. Tuttavia, la sua casa natale, conservata integra nel tempo, con annesso un piccolo Museo che raccoglie le testimonianze della vita quotidiana di uomo diventato Papa e poi Santo, è una meta di pellegrinaggio che racconta come poche la storia di chi, al di là dei suoi percorsi di vita, non dimenticò mai le radici della propria famiglia, della propria terra e delle sue genti.
Lo Studiolo di Vicolo dei Vetri
Imboccata la strada fra il Teatro Accademico e il Palazzo Comunale, al n° 8 di vicolo dei Vetri, si trova il cosiddetto Studiolo, un piccolo scrigno di tesori avvolto da misteri e magia. Residuo d’una casa quattrocentesca, forse luogo di incontri di un’accademia culturale, è decorato da un fregio nel
quale si alternano, su fondo rosso vivo, tralci, girali e bacche in grigio, uccelli in atto di beccare, putti alati ad occhi chiusi, tondi monocromi con scene allegoriche e sette stemmi policromi di nobili famiglie cittadine e veneziane, tra cui i Costanzo, i Marta, i Gradenigo, i Dotto e i Moro. Una figura enigmatica di vecchia donna cieca e sordomuta, forse allegoria dell’Ignoranza, campeggia sopra la finta cappa del camino.
Vi aspetto qui per la seconda parte dedicata alle ville storiche, altro straordinario viaggio in quel di Castefranco Veneto. Antiche dimore che tanto raccontano di bellezza e arte e che oggi è possibile visitare. Persino fermarsi a leggere.