• Roberto Di Caro

Va detto: la messa in scena dell’Ariadne auf Naxos al Comunale di Bologna è incantevole. Enorme è la responsabilità quando hai tra le mani un lavoro geniale come quello di Richard Strauss e di Hugo von Hofmannsthal autore del libretto, rappresentato in prima al Teatro di Corte di Vienna nell’ottobre del 1916 in piena guerra, visto in Italia giusto un paio di volte e mai a Bologna.

Tali e tante sono le sollecitazioni, le sfaccettature, il gioco di incastri e sovrapposizioni di dramma e commedia e le annesse riflessioni sull’arte: sul teatro e il perché lo si fa, sul contesto («non è cosa indifferente in quale cornice un lavoro sia eseguito», il Maestro di musica nel Prologo), sulla contaminazione dei linguaggi («non vedo differenza tra la scelta del padrone di casa di interrompere l’opera con la commedia e instagram o altri social, è la velocità, il passaggio da un linguaggio all’altro», Paul Curran, il regista). “Teatro nel teatro”, sessant’anni prima del “cinema nel cinema” nella Nuit américaine di François Truffaut.

Ariadne auf Naxos

Curran, scozzese, trent’anni di carriera e il gusto dell’azzardo nel traslare all’oggi le opere della tradizione lavorando sul senso profondo dell’opera anziché, come taluni, con qualche spennellata di attualità d’occasione, restituisce tutta la complessità di pensiero e di sentire che agitava Strauss e Hofmannsthal, e lo fa con una macchina scenica e una regìa intrigante quanto equilibrata: con il non indifferente pregio di una grande godibilità, perché alla fine non è che uno va all’opera per annoiarsi compunto di fronte al capolavoro.

Ariadne Auf Naxos con Zerbinetta in stile Katy Perry

Così le ninfe dell’opera seria diventano cubiste della farsa “all’italiana”; il Compositore quasi in amore con la commediante è qui una donna, la mezzosoprano Victoria Karkacheva; e, nella finzione come nel canto, se la giocano al meglio l’Ariadne del dramma, Dorothea Röschmann nelle sontuose vesti della regina abbandonata, e la Zerbinetta della commedia, Olga Pudova in rosa shocking e petto a cuore alla Katy Perry (ma anche con le movenze da cabaret che a guerra finita sarebbero dilagate a Vienna come a Berlino). Egregiamente affiancate da Il Tenore-Bacco Daniel Kirch e da un corpo di canto che conta in tutto 15 elementi comparse escluse. Numero quasi abnorme, a scapito, fin dall’origine, proprio della musica: merito dunque della direzione di Juraj Valčuha, slovacco che proprio a Bologna aveva esordito in Italia sedici anni or sono ed è ora direttore musicale del Teatro San Carlo di Napoli, l’esser riuscito a restituire tutto il respiro possibile alla musica di Strauss, che lo stesso compositore aveva contenuto in 38 elementi dell’orchestra.

Ariadne auf Naxos

Molto fanno le scene e i costumi, di Gary McCann, e le luci, di Howard Hudson. L’ambientazione barocca del Prologo, mentre camerieri e maggiordomi in abiti d’oggi preparano la rappresentazione richiesta dall’uomo più ricco di Vienna e le due compagnie d’attori lì convocate s’inciampano e battibeccano, introduce con immediatezza un contrasto visivo che specchia il contrasto (di forme di teatro, visioni del mondo e modalità di affrontare la vita) di cui vive e narra Ariadne auf Naxos. La scena cambierà più volte, spogliandosi all’essenziale, mai povero però, ridisegnandosi seguendo come un’onda l’altalena delle recitazioni combinate delle due compagnie di teatranti, tra nuvole che cangiano quasi sostanza e colori che danno il segno del doppio in scena. Un doppio che ti viene restituito anche nell’unico elemento inalterato dalla prima nota all’ultima: la parete curva del palazzo con i finestroni dalle alte vetrate in cui, più o meno in qualunque poltrona o palco tu sia seduto, di straforo si specchia e raddoppia l’azione.

Come il Doppelgänger di cui aveva scritto Otto Rank in quella stessa Vienna di Freud e Kraus e Loos, in quegli stessi anni in cui Strauss e Hofmannsthal lavoravano all’Ariadne.

Ph by Margherita Caprilli e Michele Lapini

Ariadne auf Naxos

Produzione del Tcbo con La Fenice di Venezia e il Teatro Massimo di Palermo, l’opera è in scena fino a domenica 27 marzo.

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