20 GENNAIO 2014
 
WORDS
Photography by Gabriele Chiapparini
“Le tue parole fanno male, sono pungenti come spine. Sono taglienti come lame …possono far male, possono ferire, farmi ragionare si ma non capire…le tue parole sono come mine le sento esplodere in giardino…fanno sanguinare ma non morire…sono cariche esplosive”, cantava Cesare Cremonini
Lo sapeva bene lui che non c’è peggior suono della parola FINE. Quando la pronunciò Erika, fidanzata storica già sui banchi del liceo, fu davvero devastante. Lo so perché conoscevo Erika, lei ma non i LunaPop. E quando mi proposero di partecipare a un dibattito con questo giovane gruppo anche le mie parole di sufficienza non furono da meno. Oggi io esprimerei apprezzamenti e forse Cesare non tradirebbe Erika. 
Le parole vanno e vengono. Ma quando colpiscono aprono ferite. Che non richiudi se non con altre parole. Con le parole metti le persone in un angolo di dolore o le imbrogli fino a credersi liberi di partecipare. Puoi starci bene dentro alle parole. O puoi starne fuori. Puoi credere che parlare di tutto sia un pregio o che parlare di nulla sia una buona mossa per l’avvenire. Parlare è sempre una scelta. E, una volta tanto, parlate con noi. Senza urlare. Senza illusione. Quando pronunci vocali, per favore, lanciami coriandoli. Affinché possa almeno cadere sui colori.    
 
La foto di copertina è di Gabriele Chiapparini. Di seguito l’intervista con lui realizzata da Gianmarco Marabini per pfgstyle.

 
Dicono che le azioni parlino più forte delle parole. Probabilmente perché le parole sono facili da dire. Come hai iniziato la tua avventura?
“Il mio rapporto con la fotografia è iniziato fin da piccolo, i miei genitori avevano libri fotografici a non finire. Ma da adolescente ero più propenso a fare musica, mi piaceva suonare. Tuttavia a quattordici anni entrai in una libreria e vidi per la prima volta una stampa di “La Prière” di Man Ray, qualcosa in quel momento mi scattò dentro. Lo avevo avvertito”
 
E poi? 
“Poi continuai a fare musica, anni dopo andai a Barcellona. Constatavo che con la musica non avevo un gran successo, mi ricordo che fu proprio lì in Spagna che che decisi di comprai una macchina fotografica. Iniziai a scattare foto dappertutto, mi piaceva”
 
Che effetto ti fa entrare nel cuore delle cose?
“Per me l’obiettivo è come una porta, meglio ancora il buco di una serratura. Con esso può scrutare e fermare un solo istante di una vita di cui non è dato conoscere né il prima né il dopo. Fotografare significa raccontare senza preconcetti sociali una realtà che  il più delle volte resta nascosta alla maggior parte delle persone”
 
 
Gabriele ChiappariniHis adventure with photography started since he was a young boy, when he browsed lots of photo books of his parents. When he was fourteen he saw in a bookshop a copy of “La Priére” by Man Ray. Then omething changed in him, it opened a new perspective. But still his main interest was music. Years later he was in Barcelona, unable to continue his activity as a musician, he bought a camera and started to shoot. The lens is like a door for him, like a keyhole. You can glance at reality throughout it and make a single frame of a life stop, without knowing its before and after. Taking a picture means to tell a hidden truth without social prejudice.