Raf Simons è tornato. Con una performace vicina all’arte lo stilista di Anversa ha presentato la sua collezione uomo primavera estate 2017. Tra tubi in elevazione e luci apocalittiche ha distribuito per tutta l’antica stazione Lepolda 300 manichini vestiti dei suoi capi più belli dell’archivio.
(Foto di Luca Branchetti)
L’effetto era disorientante: potevi trovarti di fronte a una persona o a un fantoccio sfigurato, mutilato, così erano ridotti i manichini. Perché il passato è passato e, come scriveva Emily Dickinson, “non è un pacchetto che si può mettere da parte”. Forse l’addio a Dior, forse l’anima visionaria degli anni 90, qualcosa si lascia per strada per far spazio al presente.
E lo si è visto nella strana sfilata che ha seguito l’inizio, nessuna passerella nessuna sedia. Tutti in piedi, come capitava, fra modelli che passavano veloci lasciandoti una scia di perversione. Il tempo di girarti ed erano già andati. Loro e le camicie stampate di corpi nudi maschili ripresi dall’iconografia erotica di Robert Mapplethorpe, un genio incline a riconoscere che “la bellezza e il diavolo sono stessa cosa”.