L’invidia e l’amore totale fino al sacrificio di sé. L’ira, la rabbia, l’odio e la devozione filiale. La gelosia, che irrompe fin dal verso 6 della prima scena. La vendetta, che chiude l’ultimo atto dalle labbra di una morente Azucena appagata d’orrore. Nessuna difetta, ne  “Il Trovatore”, delle umane passioni, le più alte e le più abbiette, mai paghe, pronta ciascuna a volgersi nel suo contrario, comunque senza redenzione alcuna. Si può dunque immaginare uno spiazzamento più radicale quando (al Comunale di Bologna, direttore d’orchestra Pinchas Steinberg, alla prima il 22 la più applaudita il soprano Guanqun Yu nel ruolo di Leonora) un’opera come questa viene messa in scena nel formalismo assoluto del regista Robert Wilson? Palcoscenico non solo sfrondato di ogni orpello ma svuotato di qualsiasi oggetto, scenografia di soli tagli violenti di luce orizzontali e verticali in uno spazio con poche eccezioni sempre bluastro come i volti dei protagonisti, e loro stessi, gli interpreti, a cantare nella fissità di posture che rifiutano di duplicare e mimare i moti dell’animo che cantano.

Il Trovatore, Verdi secondo Robert Wilson

i3l-trovatore_-lucie-jansch_nino-surguladze-azucena_tcbo-2

Chi scrive ci ha messo una decina di minuti almeno a sfuggire all’impressione di un succedersi di quadri statici come in un museo e a entrare, per quanto possibile, nella macchina mentale del regista texano (protagonista, ricordiamo, della scena d’avanguardia newyorkese, autore di “Einstein on the Beach” nel ’76 con Philip Glass, già uso a lavorare con Burroughs e Laurie Anderson, Heiner Müller, la Sontag e Lou Reed): ma a quel punto è difficile non farsi prendere dall’ossimoro di passioni estreme e devastanti messe in scena nella maniera più algida, more geometrico demonstrata. In un rigore formale che per Wilson non è affatto la negazione del sentire e del rappresentare le emozioni ma ne è anzi la condizione, ciò che rende possibile esperirle nella purezza e pienezza della musica verdiana: è lo stesso Wilson a raccontare come, quand’è tra il pubblico, lui la musica ami ascoltarla a occhi chiusi.

E nelle sue note di regia la prima cosa che scrive, in risposta a quanti constatano come la storia de “Il Trovatore” sia confusa e l’azione troppo veloce, è che ad affascinarlo è invece proprio la struttura dell’opera, «un quadrato di quattro atti e quattro personaggi fatto di due triangoli che si sovrappongono, una donna tra due uomini e un uomo tra due donne». Alla fine tutto deve quadrare per opposizione e contrasto: la musica veloce e i gesti lenti dei cantanti, il sentire e il narrare, come odio e amore, fuoco e ghiaccio, paradiso e inferno; non bastasse tutto ciò a spiazzare lo spettatore, in qualche scena vengono proiettate cartoline vintage d’Ottocento, sul palcoscenico siede a tratti un anziano con tuba e bastone, dopo l’intervallo si assiste alla performance di una torma di boxeurs in canotta d’antan e guantoni rossi, due quattro sei fino a 14, donne e bambine incluse.

4il-trovatore_lucie-jansch_tcbo-1

Siamo con ogni evidenza agli antipodi dell’intera tradizione delle esecuzioni e messe in scena dal 1853 in poi di un “Trovatore” che (oggi tutti dicono: a torto) passava per l’opera verdiana tra le sue più popolari nell’impianto e nell’intento. E tuttavia. Ci s’affaccia l’ipotesi che ogni avanguardia abbia nobili e lontani antecedenti. Non sappiamo se Wilson approverebbe o meno, ma la sua prima dichiarazione in conferenza stampa, «non mi piace il naturalismo, non ha nulla a che fare con me», ci ha fatto tornare alla memoria il Camus che, scrittore sì ma anche regista di teatro, nella Parigi dei tempi bui dell’Occupazione assiste a “Surena” di Corneille alla Comédie Française e, lui in cerca di una tragedia moderna che tocchi gli animi senza tracimare nel verismo del teatro borghese, annota: «L’ammirevole scommessa del teatro classico, dove successive coppie di attori vanno a raccontare gli eventi senza mai viverli, e dove tuttavia l’angoscia e l’emozione continuano a crescere».

2il-trovatore_-lucie-jansch_marco-spotti-ferrando_tcbo5il-trovatore_-lucie-jansch_max-harris-un-vecchio_tcbo 6il-trovatore_manrico-riccardo-massi_azucena-nino-surguladze_lucie-jansch_tcbo