• Roberto Di Caro

  • giornalista

Successo e applausi per la Salome l’opera di Richard Strauss

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Quando leggi il Wilde del 1891 da cui (con qualche taglio e testo tradotto in tedesco dalla poetessa Hedwig Lachmann) Richard Strauss trasse nel 1905 il libretto dell’opera, è esattamente così che te la figuri, Salomè: come la porta in scena, con voce bella e plastica, abilità di danza e presenza drammatica, tesa sempre e in ogni istante, la soprano lituana Ausrine Stundyte, al Teatro Comunale di Bologna fino a mercoledì 20 febbraio, regia 2010 di Gabriele Lavia ripresa ora da Gianni Marras. Non sono da meno gli altri protagonisti, ciascuno in coerenza col carattere del suo personaggio. Volitiva e determinata fino al crimine Wilde e Strauss vollero la loro Salomè, tutt’altro che marionetta nelle mani della madre Erodiade come l’avevano raccontata gli evangelisti Marco e Matteo.

Pronta invece a ogni espediente per ottenere ciò che agogna, indifferente alle conseguenze, non preda ma tutt’uno con i propri istinti e desideri più estremi, affascinata da quell’assoluto altro da sé che è Jochanaan, per noi Giovanni il Battista: che tuona anatemi dalla cisterna, nell’efficace scenografia di Alessandro Camera un taglio irregolare nella terra rossa, in chiusa una testa gigantesca che sorge dalla terra come in un Dalì. Per forza e finezza dell’esecuzione, concorde è il giudizio sull’eccellenza della direzione di Juraj Valčuha, 43 anni, slovacco, attuale direttore musicale del San Carlo di Napoli.

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Un’unica notazione perplessa: per quale ormai consolidato canone perverso, da qualche anno a questa parte specie dopo i film shakespeariani di Kenneth Branagh, non si riesce più ad assistere a un’opera lirica con i costumi dell’epoca in cui è ambientata l’azione? Quale terrore di non apparire abbastanza moderni, contemporanei, à la page induce registi d’ogni grado e d’ogni età a presentare il siriaco capitano delle guardie in divisa da ufficialetto prussiano e ad addobbare di pennacchi e bottoni e lustrini tardottocenteschi dei soldati d’epoca romana? Stona. Come un’excusatio non petita, un warning sui pacchetti di sigarette, «si avverte la gentile clientela che le passioni e le perversioni qui messe in scena sono eterne, non riguardano solo l’epoca di Gesù Cristo ma noi e i nostri giorni…»

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#si ringrazia per le foto il Teatro Comunale di Bologna

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